LE SOSPENSIONI E L'INTUITO
Come mi accorgo se le mie sospensioni non lavorano più a dovere? Non è facile, poiché il degrado delle prestazioni avviene lentamente. Non si passa cioè da una moto perfetta a una saltellane nel giro di qualche giorno e così ci si abitua gradatamente alle nuove (imperfette) risposte. Alla fine ci troviamo a guidare una moto che non è a punto ma, a parte casi eclatanti, non ce ne accorgiamo.
Ma allora come si fa a capire quando è ora di far eseguire la manutenzione? Usiamo l'intuito. Se la mia moto non mi regala più le belle sensazioni di un tempo, non mi trovo più in sintonia con lei, non mi sento più un buon pilota, può essere benissimo che sia ora di pensare al golf, ma non disperiamo. Prima di mollare le due ruote rivolgiamoci a uno specialista. Costui, con le empiriche spinte manuali sul manubrio e sulla sella, che abbiamo visto eseguire tante volte (a volte solo per darsi un tono...), riesce a valutare con precisione lo stato delle nostre sospensioni. Sceglietene un bravo tecnico e fidatevi.
Una volta che siamo sicuri di aver gli ammortizzatori in ordine, passiamo alla regolazione. Prima di prendere il famigerato cacciavite occorre trovare i registri dell'idraulica; capire a cosa servono; sapere come regolarli. Tre compiti a difficoltà crescente in modo esponenziale.
QUANTI REGISTRI CI SONO
Gli ammortizzatori di bassa qualità non hanno regolazioni; salendo di livello troviamo quelle dell'estensione, poiché in compressione gran parte del lavoro è affidato alla molla, mentre in rilascio tutto il controllo è affidato al freno in estensione. Salendo ancora di qualità troviamo anche il registro della compressione. Oggi sulle moto di fascia medio-alta nella maggior parte dei casi le sospensioni sono tutte completamente regolabili, e quindi tra forcella e ammortizzatore abbiamo quindi da gestire ben quattro registri. Le combinazioni tra estensione e compressione, sospensione anteriore e posteriore, sono quindi infinite. Ma c'è di peggio.
Sulle moto più sofisticate troviamo infatti le regolazioni per le alte e le basse velocità, in alcuni modelli solo in compressione; in altri addirittura anche in estensione.
Le alte velocità sono dovute alla secche asperità del terreno, forze impulsive che imprimono una forte accelerazione alla ruota, quindi alla sospensione, ma sono anche indotte dai rapidi cambiamenti di direzione, come quelli che avvengono nelle esse.
Le basse velocità sono quelle legate ai movimenti della ciclistica dovuti alla guida, frenate, accelerazioni, e alla conformazione della strada, dislivelli, cunette e dossi dolci. Non c'è quindi alcun legame con la velocità della moto.
In questo caso capite bene che con quattro regolazioni su un solo ammortizzatore, più quelle sulla forcella, e inoltre, non dimentichiamo, anche le regolazioni dei precarichi, la situazione si prospetta non proprio semplicissima.
Ma non perdiamoci d'animo, cominciamo dall'inizio e vediamo dove sono questi registri e a cosa corrispondono. Facile, no? Non sempre, poiché non tutti sono posizionati nello stesso punto.
RICONOSCERE ESTENSIONE E COMPRESSIONE
In generale in un classico ammortizzatore posteriore il registro dell'estensione è in basso, quello della compressione è in alto. Ma questa non è la regola. Per esempio gli ammortizzatori a schema TTX hanno entrambe le regolazioni in alto, che però si distinguono facilmente grazie alle diciture: C = compressione; R = ritorno.
Nella forcella classica invece è il contrario: la compressione è in basso, l'estensione è in alto. Oggi, in particolare sulle moto giapponesi, si stanno diffondendo le Showa "Big Piston", che hanno entrambe le regolazioni idrauliche in alto, sul tappo, e il precarico spostato sul piede.
La posizione dei registri non è quindi scontata, e siccome è importante sapere con precisione cosa si va a toccare, è indispensabile individuare per prima cosa, e senza dubbio, le varie funzioni.
PARTIAMO DA UNA SITUAZIONE SICURA
Le nostre sospensioni (nuove o revisionate) sono in ordine, abbiamo individuato i registri, capito quali sono e recuperato i cacciaviti giusti: non ci resta che iniziare a cucirci la moto addosso. La prima regola è prendere il libretto di uso e manutenzione e porre tutte le regolazioni come indicato nella configurazione standard. In genere questa è ottima. Infatti è stata definita lavorando intensamente con tecnici e collaudatori e per un pilota di peso medio rappresenta il miglior compromesso tra comfort e qualità della guida. Per situazioni particolari, viaggio in coppia, eventuale uso in pista, si possono seguire le relative indicazioni, sempre riportate sul libretto.
Nella guida ricavo numerose informazioni, e riconoscendole riesco a migliorare il comportamento della mia moto: in curva è seduta? Oppure è sbilanciata in avanti? La forcella affonda troppo in frenata? Il posteriore si schiaccia in accelerazione? Una volta individuato quello che per me è un difetto, agisco di conseguenza.
COME USARE LE REGOLAZIONI
Come faccio a capire qual è il primo registro da toccare? Ci sono dei comportamenti tipici che ci danno degli indizi. Indizi perché sulle moto non è così facile identificare il legame causa-effetto. A volte anche un pilota si sbaglia, e in questi casi un aiuto prezioso arriva dalla telemetria. Noi sulle nostre moto non l'abbiamo, ma se facciamo attenzione riusciamo a individuare dei comportamenti tipici. Vediamo alcuni sintomi relativi a qualche sbilanciamento e come agire di conseguenza per ridurlo o eliminarlo.
UNA ALLA VOLTA, PER CARITÀ
Alcune regole importanti. La prima è agire su una regolazione alla volta. Infatti se muovo tutti i registri insieme non riesco a capire quale ha funzionato, ed è molto probabile che mi vada a cacciare in una situazione piuttosto intricata; in questo caso conviene ripartire da zero. Serve pazienza: eseguire delle piccole regolazioni, uno massimo due click alla volta, poi provare su strada. Se sortisce l'effetto desiderato allora ho imboccato la direzione giusta; se invece succede poco, o nulla, meglio rimettere tutto come in partenza e concentrarsi su un'altra regolazione.
FACCIAMO GLI IDRAULICI
Una volta trovato il giusto assetto regolando il precarico - come spiegato nella puntata precedente dedicata alle molle - possiamo rivolgere la nostra attenzione ai registri dell'idraulica, sui quali interveniamo per diminuire o aumentare alcuni movimenti della moto. Aumentare va sottolineato perché quando si parla di guida sportiva (cioè spesso) in genere il concetto che si ha è questo: "la moto si muove troppo e quindi chiudo i registri". Non è sempre corretto, le sospensioni infatti devono lavorare correttamente, la moto deve muoversi per favorire alcune manovre e per trasmettere il giusto feeling, cioè far capire come lavora la gomma e farla lavorare al meglio.
COMPRESSIONE ED ESTENSIONE
Il compito del freno in compressione è più facile da intuire: se la forcella o il monoammortizzatore affondano troppo rapidamente, la prima in frenata, il secondo in accelerazione, allora si devono chiudere i registri. Con le accortezze prima descritte, uno alla volta, piccoli passi, uno massimo due click.
Più complesso, invece, è comprendere il lavoro del freno in estensione, che di solito viene sottovalutato. Questo è un errore, poiché durante la compressione il movimento è contrastato anche dalla molla, mentre in estensione tutto il controllo è a carico del freno idraulico. Il ritorno idraulico della forcella, quindi, gestisce maggiormente le fasi di rilascio dei freni e di uscita dalle curve. Quello della sospensione posteriore, invece, interviene maggiormente in frenata e in rilascio.
IN CURVA: LA FORCELLA
In frenata la sospensione in genere è nella sua massima escursione (cioè tutta schiacciata) poi recupera parte della sua posizione a centro curva; essendo a velocità costante l'idraulica lavora solo assorbendo le asperità, cioè non controlla i movimenti della moto. Poi, quando si prende il gas in mano e si inizia ad accelerare, la forcella si estende anche in conseguenza del fatto che iniziamo a rialzare la moto e comincia il lavoro del freno idraulico in estensione. Se è troppo chiuso si avverte una sgradevole sensazione. Oltre a far diventare la moto secca sulle asperità - poiché la sospensione chiusa non assorbe - si perde anche feeling; si ha la sensazione di scarso appoggio all'anteriore, sensazione che corrisponde alla realtà. Infatti la moto non si "apre", si perde grip e si rischia di cadere perché lo sterzo si chiude su se stesso. Se il ritorno è sfrenato, invece, la forcella si estende troppo rapidamente la moto va in posizione sbagliata in un tempo troppo breve e si inficia la stabilità.
IN CURVA: L'AMMORTIZZATORE POSTERIORE
Fino a centro curva il posteriore si schiaccia mentre quando si inizia ad accelerare per effetto del tiro catena l’ammortizzatore inizia ad aprirsi; se l'idraulica è troppo chiusa la sospensione non lavora, non assorbe efficacemente le asperità e questo oltre a peggiorare il comfort limita anche il grip, quindi la trazione, e si corre il rischio di incappare in perdite di aderenza pericolose. Al contrario se il freno in compressione è troppo aperto: il posteriore si schiaccia troppo velocemente, la trazione potrebbe essere buona ma la moto "seduta" non tiene la traiettoria e allarga in uscita di curva. Questo se non si arriva a fondo corsa; in tal caso si sommano i due difetti.